23 novembre 2012

Contraband

Mettete insieme la moda che sta impazzando da un po’ a Hollywood, ovvero il remake, e un cast di richiamo per gli amanti dell’action pronto ad offrire puro intrattenimento. Fate dirigere il tutto ad un personaggio che, nella versione originale, interpretava il protagonista della storia e quello che otterrete sarà un classico film di droga e azione, con qualche piccola inquadratura pronta a strizzare l’occhio agli amanti dell’emotività. Remake del film islandese Reykjavik-Rotterdam, che vedeva protagonista l’attuale regista Baltasar Kormàkur, questa nuova versione americana vive di piccoli momenti di emotività solidi e forti, sottolineati da una macchina da presa sempre attenta ai personaggi e all’interno dei loro rapporti e delle loro relazioni.
Peccato per dialoghi e situazioni sbrigate troppo frettolosamente e in maniera eccessivamente facile, che non fanno in modo che lo spettatore resti concentrato per tutta la durata del film. L’azione, tuttavia, viene giostrata in maniera efficace e lascia gli amanti del genere abbastanza soddisfatti, grazie anche ad un cast che con i film action ci ha sempre abituato al meglio, primo tra tutti Mark Whalberg, capitano di un team di tutto rispetto affiancato da Kate Beckinsale e dal poco sfruttato Ben Foster, forse la miglior prova maschile del film. Non convince, invece, J.K. Simmons, che sembra scimmiottare in maniera troppo evidente il suo vecchio J. Jonah Jameson della saga di Spider-Man di Sam Raimi. Ottima, comunque, la fotografia di Barry Ackroyd che si sta facendo notare sempre di più con il suo interessante stile a volte classico e altre volte più originale. Resta però il problema che la sceneggiatura di Aaron Guzikowski non si fa apprezzare da cima in fondo, e che spesso la storia scivola in sequenze tipicamente americane laddove avrebbe potuto tentare un approccio più europeo. Kormàkur ci prova, appassionato com’è da questa trama, a migliorare il risultato finale con il suo piano di regia e le sue scelte nelle inquadrature, ma ci riesce solo in parte, forse anche per il fatto che di film su contrabbandieri provenienti da Hollywood ne abbiamo visti tanti, alcuni migliori e altri peggiori di questo. A stendere definitivamente la pellicola è il telefonatissimo finale che non ha intenzione di rischiare e si lascia avvolgere dalla più classica delle soluzioni. In sostanza questa nuova versione oltreoceano di un film islandese convince a tratti, lasciando che il pubblico si faccia appassionare dai caratteri dei personaggi e si lasci coinvolgere dalla avvincente azione, ma non riesce ad andare oltre al classico intrattenimento serale che, seppur ben fatto, potrebbe non essere l’obiettivo di tutti quelli che, fidandosi di un regista europeo pronto a fare il grande salto americano, andranno a vedere questa pellicola. Il mio consiglio è quello di tuffarsi in questa storia solo se siete dagli appassionati dell’action hollywoodiana pura e semplice, in questo caso la vostra soddisfazione sarà piena e senza rimorsi, perché qualcosa in più del classico action movie c’è, ma non abbastanza per convincere tutti quanti.



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